Maurizio Lupi

 «Ce la giochiamo in almeno 21 collegi Vaccini e case chiuse? Siamo diversi»
Gennaio 20, 2018

«Ce la giochiamo in almeno 21 collegi Vaccini e case chiuse? Siamo diversi»

Servono programmi concreti e realizzabili. Dei governi passati si sviluppi ciò che funziona.
Maurizio Lupi è stato ministro del governo Renzi, è oggi fra i leader di Noi con l’Italia-Udc, che fa parte del centrodestra. È vero che stavate per rompere con Berlusconi e Salvini?
«È vero che ci siamo confrontati, cercando di ottenere pari condizioni rispetto agli altri. Dai contenuti politici, dalla collaborazione al programma della coalizione sino alla nostra rappresentanza. Alla fine si è trovata una sintesi, che fa della nostra presenza moderata, cattolica e liberale, un arricchimento per il centrodestra».
Qual è il vostro contributo al programma?
«In primo luogo aver chiesto che ci fosse un grande realismo nelle proposte che si fanno. E una differenza chiara tra i programmi dei singoli partiti».
In che senso?
«I vaccini e le case chiuse sono dei punti cari alla Lega non a noi. Sulla Fornero invece abbiamo ottenuto che verrà fatta un’analisi accurata di ciò
che non ha funzionato prima di intervenire, cercando di innovare ma preservando i conti dello Stato. Poi abbiamo introdotto il tema della famiglia nella griglia di proposte comuni: il fattore famiglia dovrà essere preso in considerazione insieme alla riduzione fiscale».
In termini di posti si può dire in modo molto prosaico quello che avete ottenuto?
«Ci sono state molte ipocrisie su questo punto. Ci sono delle regole di rappresentanza, se non superi il 3% contribuisci comunque alla coali zione, in termini di seggi. Tutto qui. Se queste cose le chie de la Bonino è la legittima richiesta di un’identità, se lo facciamo noi nel centrodestra si parla di posti e poltrone. Ma non stiamo giocando, stiamo soltanto cercando di chiedere la giusta rappresentanza, in termini politici e di persone che sono maggiormente radicate sul territorio. Noi siamo una forza appena nata, tutti i sondaggi ci danno sul 2,5%, ce la giocheremo in almeno 21 collegi».
Fiat fax, contributi zero, Berlusconi sta promettendo di tutto. Chi paga poi?
«Abbiamo chiesto serietà e realismo e non solo miracoli. È legittimo che durante una campagna elettorale tutti mostrino le loro proposte, ma una cosa diversa è la possibilità di realizzare quelle proposte, se no allunghiamo la di stanza e il distacco della gente comune dalla politica».
Non ha detto chi paga.
«La pressione fiscale sul cittadino è divenuta quasi intollerabile e la fiat tax porta ad un aumento dei consumi e anche delle entrate, meno tasse significa più crescita. Il realismo è che lo devi realizzare nei 5 anni e gradualmente».
La Flat tax non sarà immediata.
«Questo mi pare chiaro, in cinque anni bisognerà vedere come realizzare gli obiettivi. Alcuni in modo immediato, altri gradualmente. Noi abbiamo chiesto degli aiuti concreti per le famiglie più disagiate. Sul lavoro l’elemento più importante non è solo dare assistenza ma immettere i giovani nel mondo del lavoro, dunque creare lavoro e dunque ogni euro che esiste va dato innanzitutto alle imprese. Con la diminuzione del costo del lavoro. Abbiamo visto in questi anni che la decontribuzione funziona».
Gentiloni ha fatto un appello a non distruggere quello che è stato costruito in questi anni. Condivide?
«È stato anche l’appello di Mattarella nel discorso di fine anno, non alimentare paura e rabbia, e soprattutto fare programmi concreti e realizzabili. Siamo tutti obbligati ad essere realisti per ricostruire il Paese. L’educazione per esempio è uno dei temi fondamentali. Bisogna rilanciare e sviluppare quello che ha funzionato, come alternanza fra scuola e lavoro».
Vi dà fastidio chi vi chiama partito delle preferenze?
«La politica non esiste senza rapporto con il territorio e la società, le comunità di rife rimento, quindi semmai è un vanto. La variante deteriore sono le clientele, ma la democrazia è un’altra cosa, è realizzare le istanze delle comunità. Essere radicati dalla Sicilia alla Lombardia, dal Friuli alla Sardegna, è un orgoglio».
Di Marco Galluzzo
Corriere della Sera 20 gennaio 2018

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