FONDI DALL’UE
Sono certo che tutto il Parlamento sosterrà l’operato sul Recovery Fund, ma il presidente Conte la deve smettere di temporeggiare.
Subito si tratti perché quei soldi, previsti dal 2021 al 2026, arrivino presto.
Non basta che nel 2021 venga prevista l’erogazione del 5.9% dei 750 miliardi annunciati (44 miliardi per tutta l’Europa, la metà del nostro scostamento di bilancio. Pochi).
Bisogna fare il possibile per anticipare una parte di questi fondi e usare quelli già disponibili.
Ai paesi frugali poi venga ricordato che il PIL di 3 su 4 vale meno (o quanto quello) della sola Lombardia.
Quanto alle condizioni, questa parola non deve diventare un tabù. Niente condizioni politiche, d’accordo, ma è sacrosanto che chi ti dà 172 miliardi chieda come condizione almeno i progetti in cui vuoi impiegarli. E qui l’Italia è ancora nel vago, nel fumoso, nel “faremo”. Non è ammissibile per un grande Paese industriale come il nostro.
Nel piano inviato a Bruxelles si parla di investimenti per i giovani e l’istruzione, ma poi, unico Paese in Europa, li si lascia a casa da scuola per quattro mesi.
Si parla di sostegno alla vocazione industriale dell’Italia ma poi il 46% delle imprese che hanno chiesto un prestito in base al Dl Liquidità in banca lo stanno ancora aspettando.
Intanto però si nazionalizza Alitalia, si espropria Autostrade, si ripresenta una contrapposizione pubblico-privato che riporta il paese indietro di cinquant’anni e si gettano i soldi a pioggia in assistenzialismo e nelle infinite mance del Dl Rilancio.
Come si può così essere credibili in Europa con tutti questi annunci e rinvii?
Più passa il tempo e più il presidente Conte mi ricorda Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore, la cui tattica di sopravvivenza costò la devastazione dei territori degli alleati e dei sudditi di Roma.
Non è un destino che mi piace.