Maurizio Lupi

 LETTERA ALL’HUFFINGTON POST: La destra liberale riparta dal civismo italico
Settembre 26, 2020

LETTERA ALL’HUFFINGTON POST: La destra liberale riparta dal civismo italico

Nella sua sacrosanta perorazione per “l’indifferibile necessità di una destra liberale” Mattia Feltri a un certo punto scrive: “Ci sono due anni e mezzo prima delle prossime elezioni politiche, c’è lo spazio e c’è il tempo per organizzare qualcosa di serio. Non dico un partito, non lo so, non sono un politico. Dico che queste teste devono trovare il modo di mettersi insieme”.

Dice bene, direttore. Ed è giusto anche quello che lei non dice, ma lascia intendere: spazio e tempo per organizzare “qualcosa di serio” non si sono creati da oggi. Da anni continuiamo ad acquistare tempo, a prendere tempo e quindi a perderlo. Tanto che liberali, moderati, centristi sono ormai aggettivi buoni per tutte le stagioni, cioè buoni a nulla. Siamo al paradosso di un “centro” del centrodestra affollato di generali senza truppe e di un “centro” reale del paese che potrebbe essere un esercito ma non trova i suoi generali.

Ora, le responsabilità della classe politica del centrodestra sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. Diamole per assodate. Ma un problema c’è anche nella società. Si pensi quel che si vuole di Grillo e dei 5 stelle, ma tutto si può dire tranne che non abbiano colto un’esigenza di larghi strati della nostra società, poi l’hanno strumentalizzata, indirizzata, sollecitata, fors’anche tradita, ma non se la sono inventata. E prima di loro Berlusconi, e anche Prodi, che ha saputo dare sbocco governativo a una sinistra che non riusciva a liberarsi dei suoi massimalismi.

Quindi, c’è qualcosa che ribolle tra gli italiani moderati (perdoni l’aggettivo, prima o poi ne troveremo un altro)? C’è tensione alla coesione sociale? C’è volontà di lavoro e costruzione che non sia solo quella del piccolo orto del proprio benessere? C’è voglia di partecipazione o prevale la sfiducia che porta al disimpegno e all’astensione? C’è coscienza che la sbandierata volontà di una giustizia giusta comporta una fatica innanzitutto culturale, un andare controcorrente, un evitare luoghi comuni? C’è l’intelligenza del lungo periodo che implica la determinazione di investire su scuola, formazione al lavoro e famiglia? E, infine, c’è la lucidità di giudizio per cui si accetta che la rinascita di una rappresentanza politica di questi interessi (non li chiamo valori, preferisco parlare di legittimi interessi) trova il suo campo in un dialogo con chi in questo momento è all’opposizione? O si pensa che su questi valori/interessi sia più facile un dialogo con una sinistra tornata vogliosa di centralismo statalista e un movimento il cui leader ritiene inutile un parlamento? (Chissà se Grillo ha letto Lenin: ““Bisogna sapere in che modo si può distruggere il parlamento. Se poteste distruggerlo in tutti i paesi con una insurrezione armata, sarebbe una gran bella cosa. […] Ma ciò è impossibile senza una preparazione abbastanza lunga e che, nella maggioranza dei paesi, è ancora impossibile distruggere il parlamento di un sol colpo. Noi siamo costretti a condurre anche nel parlamento la lotta per la distruzione del parlamento”.)

Io non penso che si possa costruire un’alternativa all’incontro ormai nei fatti di Pd e 5 stelle costruendola “contro” Salvini e Meloni. Con Salvini e Meloni, inizierei con Salvini, bisogna dialogare per far capire che il pur ottimo, numericamente, risultato di Emilia Romagna e Toscana non serve a nulla, se non a consolare i fan. Come disse Togliatti a Pajetta che esultante gli comunicava al telefono la presa della prefettura di Milano: “Bravo compagno! E adesso che ve ne fate?”. Non si può governare contro l’Europa, non solo perché l’Europa non te lo permette, ma perché è miope, e non fa gli interessi degli italiani. Questo discorso che a Salvini posso fare privatamente è meglio se glielo fa una forza politica cosciente del suo radicamento sociale. Una società vera è un flusso di movimenti che nascono dalla persona e dal basso. Non sarà quindi un nuovo gruppo parlamentare di fuoriusciti da questo o da quel partito che potrà avere la forza di un vero cambiamento, tattiche destinate a infrangersi sul muro dei 600, tanta è la riduzione del numero dei parlamentari. Sarà piuttosto la capacità di proporsi come interlocutore a livello nazionale di una realtà già presente nel nostro paese che deve trovare i modi, gli strumenti e le persone per raccordarsi. Sto parlando del fenomeno del civismo (non è una riedizione del partito dei sindaci) che è più visibile in situazioni come Venezia, o che si può ritrovare nelle liste civiche dei governatori, ma che è largamente presente nella provincia italiana. Un civismo raccordato con quelli che venivano chiamati corpi intermedi e che a loro volta devono ritrovare, oltre a una rappresentanza, una rinnovata vitalità. Sto parlando anche del coraggio di lavorare per ricomporre, riunire, allargare… più che di sperare nella progressiva debolezza della forza di centro di turno, pensando di sostituirla.

Mi direte: ci aveva già pensato Sturzo. Rispondo: magari fossimo capaci di fare quello che ha fatto Sturzo!

Mi sono dilungato abbastanza. So che non è un’analisi comprensiva di tutti i fattori in gioco né una proposta facile e di immediata riscontrabilità. È l’individuazione di un punto di partenza. Ci vuole tempo. Ma il tempo, come dice lei, per adesso c’è.

Di Maurizio Lupi, pubblicato su Huffingtonpost.it

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