
Lupi e l’appello al centrodestra: “Divisioni e litigi ci fanno perdere. Lo stop al terzo mandato non si tocca, 10 anni bastano”
Lupi e l’appello al centrodestra: “Divisioni e litigi ci fanno perdere. Lo stop al terzo mandato non si tocca, 10 anni bastano”
Il presidente di Noi Moderati si appella agli alleati: “Diamo spazio al popolarismo e al riformismo”. Ottimismo per le regionali: “Veneto e Marche resteranno a noi”
L’esito delle elezioni amministrative ha dato slancio a riformisti e civici. Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, chiede agli alleati di rafforzare il centro del centrodestra. Riconosce le difficoltà della coalizione su alcuni territori, ma mette le mani avanti: lo stop al terzo mandato non si tocca.
Noi Moderati cresce ancora, addirittura a Genova supera Lega e Forza Italia. Una sorpresa o una conferma?
«Una crescita. Una crescita che ci auguravamo – e per certi versi posso dire che ce la aspettassimo – in virtù di un lavoro di presenza sul territorio che da anni portiamo avanti. Il caso di Genova è un esempio di questo metodo: se hai persone che incontrano la gente, che ne ascoltano problemi ed esigenze, che tentano risposte realistiche e non ideologiche, la gente ti vota. Io credo che sia molto significativo che Ilaria Cavo, deputata di Noi Moderati e candidata in ticket con Piciocchi per il ruolo di vicesindaco sia risultata la persona che ha ottenuto più preferenze in assoluto in città, anche rispetto ai candidati delle liste della coalizione vincitrice».
Però di fatto il «modello Bucci» è stato bocciato. Cosa non ha funzionato?
«Mi sembra presto per dire che il “modello Bucci” è stato bocciato. Per restare nella metafora, il “modello Bucci” è stato esteso a tutta la Regione Liguria. Sotto la sua sindacatura Genova è cresciuta. Ci sono stati molti investimenti e in questo momento sono aperti molti cantieri. E – dice Bucci stesso – questo crea disagi. Ma bisognerà analizzare bene i risultati, per capire le ragioni di questa sconfitta. Io credo che vada anche considerato che Genova è storicamente una città amministrata dalla sinistra, l’ultimo sindaco democristiano fu eletto nel 1971. Sicuramente la costituzione del campo largo è riuscita a rimobilitare un elettorato che nelle ultime tornate era deluso o astensionista».
A Ravenna e Taranto la coalizione si è spaccata e si è presentata con candidati diversi…
«Questo è l’errore più grave in politica. La divisione. Il centrodestra a livello nazionale vince perché si presenta unito. L’unità non è un conformismo, è la capacità di tenere insieme, in nome di un progetto politico, chi ha identità, storie e sensibilità diverse. Se mancano questa consapevolezza e questo progetto prevalgono i personalismi e i localismi. La conseguenza è certa: si perde e non si risponde a ciò che l’elettorato moderato e di centrodestra – che in Italia è maggioranza – ci chiede. È un venir meno della nostra responsabilità, cioè, letteralmente, della capacità di rispondere ai cittadini. La divisione, quando non abbia gravi e comprovate ragioni di natura etico-politica, è la morte di un progetto politico. Detto questo, Noi Moderati ha sostenuto il candidato del centrodestra e ha ottenuto il 3%, ora lavoreremo per un apparentamento al ballottaggio».
Chiedete di «rafforzare il centro». Bene, ma cosa significa nei fatti?
«Nel 2008 il Popolo della Libertà prendeva il 39,8% dei voti, oggi Noi Moderati e Forza Italia insieme oscillano intorno al 10%. È evidente che abbiamo perso tantissimi elettori, la maggior parte dei quali si è rifugiata nell’astensionismo o è andata negli altri partiti. Rafforzare il centro vuol dire far crescere quest’area che ha nel suo Dna il pragmatismo, la ricerca di una sintesi, il rifiuto dell’impostazione ideologica della soluzione ai problemi che ci affliggono, il popolarismo cattolico e il riformismo laico».
Il centrodestra fa sempre più fatica nel voto locale. La scelta del candidato giusto è una perenne spina nel fianco…
«Spero che questa spina diventi un pungolo. Mi auguro che in questo caso il proverbio funzioni: non tutto il male (quello della spina conficcata nel fianco) vien per nuocere».
È un allarme in vista delle elezioni regionali d’autunno?
«Se togliamo la Valle d’Aosta, che è regione a statuto speciale, si vota in cinque Regioni: tre governate dal centrosinistra e due dal centrodestra. Non vedo perché gli elettori non dovrebbero confermare chi ha governato bene il Veneto e le Marche».
Però c’è un paradosso: fate fatica a scegliere i nuovi candidati, ma sbarrate la strada a chi amministra bene da anni e gode di un ampio consenso. Non è il caso di riflettere sull’ok al terzo mandato?
«È un problema di coerenza con la nostra proposta di riforma istituzionale. Noi siamo per un rafforzamento del potere dell’esecutivo, e questo necessita dei giusti contrappesi: il limite ai mandati è uno di questi. Dieci anni bastano e avanzano per incidere seriamente nel tessuto sociale, produttivo, infrastrutturale e di welfare di una Regione. E poi non dimentichiamo che il presidente regionale non è un uomo solo al comando, è sempre espressione di una coalizione».
Intervista a Il Riformista