Maurizio Lupi

 La Cirinnà è una pessima legge – Intervista a Libero
Gennaio 11, 2016

La Cirinnà è una pessima legge – Intervista a Libero

Un conto è fare una legge che riconosca diritti e doveri ai conviventi, anche omosessuali, altro è scimmiottare il matrimonio.

Onorevole Lupi, che fate, divorziate? 
«Ma che dice, divorziare noi? Siamo cattolici».
Appunto, Renzi sposa Grillo per far passare le nozze gay ed Ncd fa cadere il governo…
«Non giochiamo con le parole, il passaggio è delicato. Innanzitutto noi non siamo sposati con Renzi. E un’unione di fatto nata da un’intuizione di Berlusconi, che poi l’ha tradita, che in una contingenza drammatica si è data l’ obiettivo di varare le riforme istituzionali ed economiche necessarie a far uscire l’Italia dalla paralisi. Le nozze gay non rientrano nel patto di governo».
Quindi a tutta forza contro la Cirinnà?
«Certo, è una pessima legge; di più, è una pagliacciata. Noi cattolici non viviamo su Marte, ci rendiamo conto che la realtà della società ha superato la nostra posizione originaria. Ma un conto è fare una legge che riconosca diritti e doveri ai conviventi, anche omosessuali, altro è scimmiottare il matrimonio. La Cirinnà, con l’adozione del figlio del convivente o anche nella versione dell’affido a tempo, è l’anticamera di adozioni omo e utero in affitto. Ncd è pronto a confrontarsi con il Pd e scrivere insieme una vera legge sulle unioni civili. Che tuteli il diritto dei bimbi ad avere un padre e una madre e non le aspirazioni di una coppia omo ad avere un figlio».
Ma se il Pd tira dritto e si accorda con M5s che fate, lasciate il governo?
«Quella del Pd sarebbe una scelta che non potrebbe non avere conseguenze. Faccio un appello a Renzi a comportarsi da premier e non da segretario del Pd e a non aprire spazi a rotture non componibili. Se avesse vinto le elezioni con un programma che prevedeva le nozze gay, sarebbe legittimo da parte sua perseguirle. Ma visto com’è nato il governo, lo invito a guardare lontano e non cambiare cavallo per portare a casa un trofeo da esibire alle Amministrative». 
Scenderete in piazza contro la Cirinnà? 
«Lavoriamo per costruire, non per rompere. Però non escludo che i cittadini e le associazioni cattoliche scendano in piazza».
Non state pagando un prezzo un po’ troppo alto al governo? 
«Il premier tende ad attribuirsi ogni merito e a toglierci visibilità. In questo è berlusconiano. Però, e gliel’ho detto di persona, Berlusconi aveva un’attenzione che a lui manca: comprendendo che non si può governare da soli, capiva che gli alleati sono una risorsa e non un intralcio. A Renzi manca l’idea dei compagni di strada». 
Adesso vi chiede pure di abolire il reato di immigrazione clandestina…
 «È una legge delega che depenalizza molti reati. Su quello di immigrazione clandestina ci sarà da discutere, perché non siamo assolutamente d’accordo: dobbiamo distinguere chi fugge da situazioni di guerra da chi cerca di entrare in modo illegale in Italia». 
Sembra quasi una provocazione, l’ennesimo sassolino messo nella scarpa di Alfano… 
«Le leggi devono stabilire principi chiari e non dare pretesti a chi sull’immigrazione fa strumentalizzazioni populiste; chi entra in Italia da clandestino deve sapere che commette un reato».
La Carfagna sostiene che Alfano andrà nel Pd, la Lorenzin sembra ci sia già. E lei?
 «Nessuno di noi tre andrà nel Pd. Alla Carfagna rispondo che Forza Italia deve stare attenta a non ridursi a sgabello della Lega». 
D’accordo, farete tutti il Partito della Nazione con Renzi allora? 
«Il Partito della Nazione è morto, neppure Renzi lo vuole. Più si avvicinano le Amministrative, più è chiaro che Renzi sta tornando alla vecchia sinistra e finirà per esserne ostaggio come tutti i leader dell’Ulivo. Puoi fare nuove riforme con chi raccoglie firme contro quelle che hai già fatto, tipo il Jobs Act?»
 Ma quello innalzato dalla Carfagna pare proprio un muro. 
«Il muro della Carfagna è alle prospettive del suo partito, non a noi. Ma Forza Italia è ancora e solo Berlusconi, senza di lui anche l’attuale 12% sarebbe un miraggio. Continuo a sperare, ma è una speranza ridotta al lumicino, che non rinunci a esercitare il ruolo che può avere come padre costituente di un nuovo centrodestra. Segua l’esempio francese di Sarkozy, che non si è arreso alla Le Pen». 
Ambite a essere inclusi nel listone unico del centrodestra di cui si sta ragionando?
 «No. Non abbiamo paura di presentarci soli. Listoni di sinistra o destra non ci interessano». 
Alfano ha detto che Salvini non può fare neppure il ministro alle zanzare… 
«E un giudizio politico. Duro, ma un giudizio politico. Salvini deve ancora dimostrare che ha capacità di governo. Ha portato la Lega dal 4 al 14% e per continuare ad affermare la sua leadership e tenere unito il partito punta tutto sui sondaggi, continuando a spingere il Carroccio su posizioni estreme. Ora deve decidere se vuole essere forza di governo e per fare questo deve allearsi con Berlusconi, altrimenti finirà per essere irrilevante». 
Irrilevante? Veramente è la prima forza del centrodestra. 
«Sì, irrilevante. Se punta all’isolamento dimostra di essere solo un politico di protesta, e si schianta contro i grillini, che quanto a consensi anti-casta lo sovrastano. Se invece vuol combinare qualcosa per i suoi elettori, è lui ad aver bisogno di Berlusconi più di quanto Berlusconi abbia bisogno di lui. Se si sentisse così forte, si candiderebbe sindaco a Milano, non lo fa perché teme di bruciarsi». 
Bella partita quella di Milano. L’avete già persa?
 «Invito il centrodestra a seguire i consigli di La Russa, che di Milano è un’istituzione e che ha detto chiaramente che per vincere serve Ncd».
 Ma questo ci riporta a Salvini, che non vi vuole…

«Salvini decida se essere un protagonista o un antagonista. Milano è un’opportunità per il centrodestra per riaffermare un nuovo modello di governo vincente. L’esperienza in Regione dimostra come il contributo di Ncd sia qualificante per il buon governo». 
Neppure la Meloni vi vuole. 
«Non ricordo di averle chiesto la mano».
 Cosa suggerisce per le Amministrative? 
«Ncd ha solo detto che Milano può essere un’occasione perduta o una grande opportunità. Milano è da sempre laboratorio politico, ci sono tutte le condizioni per vincere».
Sala sembra un candidato molto forte…
«Non a me. Innanzitutto ha contro il sindaco uscente. Poi, sta commettendo un gravissimo errore: per convincere la sinistra, che gli è ostile, a votarlo, rinnega se stesso. In questo modo, se vincesse le primarie, sarebbe ostaggio dei compagni. Si immagini Majorino vicesindaco. Altro che cambiamento di Milano, sarebbe la paralisi. La cosa miglioredi Sala è la sua storia, l’essere stato city manager della Moratti, l’Expo, ma lui sta facendo di tutto per farla dimenticare rincorrento una sinistra non riformista. Sala è il simbolo milanese delle contraddizioni di Renzi».
Se non trovate la quadra con la Lega a Milano, farete venir meno il sostegno a Maroni in Regione? 
«Si potrebbero avere ripercussioni sul governo regionale solo se ci alleassimo con il centrosinistra. Ipotesi impraticabile».
Alla giunta Pisapia vengono dati più meriti di quelli che ha? 
«Pisapia ha il merito di aver portato avanti i programmi della Moratti. L’Expo, la riqualificazione dell’area Garibaldi-Repubblica, lo sviluppo dell metropolitana, sono tutti progetti nati col centrodestra, la sinistra le osteggiava. La sua debolezza è che non ha messo in cantiere nulla per il futuro. La Moratti ha fatto meglio. Nell’ultima campagna elettorale abbiamo commesso un solo errore, criminalizzare l’avversario».

Quella doveva essere la sua campagna elettorale. Ora sarebbe lei il sindaco uscente…

 «Va beh, guardiamo avanti… ». 
Il centro, a parte quello di Verdini, non gode di ottima salute. 
«Non confonderei l’abilità a muoversi nel Palazzo con la capacità di attrarre voti e la credibilità presso gli elettori. A Denis, che nel gestire il potere è da sempre un numero uno, ricordo che di “responsabili” il centrodestra è morto. Se dopo la fiducia del dicembre 2010 Berlusconi fosse andato alle urne, forse governerebbe ancora».
La Santanché dice che Renzi lo sta prendendo in giro. 
«L’importante per me è che non prenda in giro noi».
Quando però lei finì nel tritacarne mediatico, Renzi la scaricò e ne approfittò per mettere al suo posto Delrio.
 «Le assicuro che se Renzi mi avesse chiesto di dimettermi, sarei rimasto. Sono fatto così. Ho lasciato quando ho visto che mandavano i giornalisti con le telecamere a New York per fare dirette tv dal palazzo dove lavorava mio figlio. Mi sono dimesso per dimostrare che so assumermi le mie responsabilità e che si può fare politica anche senza poltrone: per dignità mia e della mia famiglia. Non ci si dimette da padre». 
La Boschi sembra godere di ben altro trattamento.
 «Beh, anche a lei la gogna mediatica non è stata risparmiata. Ha reagito bene ma non è di ghiaccio, umanamente l’ho vista colpita». 
E se arrivasse l’avviso dl garanzia a papà Boschi? Neppure da figlia ci si dimette… 
«Le dimissioni a seguito di avvisi di garanzia hanno fatto solo danni alla politica, che cavalcando le procure si è suicidata. È ora di chiudere questa stagione».
 Neanche un po’ di recriminazione per la sua vicenda personale? Cos’è un Rolex di fronte a 12mila truffati?
 «Non c’era nulla per me, non c’è nulla per la Boschi. La cosa grave sono i risparmiatori truffati che vanno tutelati. Ricordo però che con il decreto del governo abbiamo salvato 7.000 posti di lavoro e i risparmi di un milione di correntisti». 
Era necessario mandare a casa Letta?
 «Lo chieda al segretario del Pd. La questione è stata tutta interna al Pd. In ogni caso a Renzi va riconosciuto di aver impresso una direzione più marcata e coraggiosa all’azione di governo».
Che ultimamente in Europa sembra avere gli stessi problemi che ebbe Berlusconi… 
«I partiti italiani utilizzano l’Europa per risolvere i conflitti interni. Con Berlusconi andò così. Il suo consenso si era indebolito e la sinistra e certi gruppi di potere giocarono di sponda con la Merkel per farlo cadere. Oggi lo scenario è un altro. Siamo tutti consapevoli che la Ue va cambiata e non pub essere germanocentrica e Renzi è politicamente più forte del Berlusconi del 2011».
Di: PIETRO SENALDI
Fonte: Libero

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