
È morto Havel: uomo all’altezza del suo desiderio
Nel mio libro”La prima politica è vivere” parlo del libro di Havel e di quel fruttivendolo raccontato nelle sue pagine: il protagonista della storia e del suo desiderio è un uomo che con un semplice gesto rimette in discussione tutto
Con la morte di Vaclav Havel scompare sicuramente una delle personalità politiche e culturali più importanti del nostro secolo. Non posso dimenticare l’importanza che il suo libro “Il potere dei senza potere” ha avuto per la mia formazione e per quella della mia generazione. Il racconto del fruttivendolo che con il gesto semplice di non esporre più il cartello “proletari di tutto il mondo unitevi” diventa il primo nemico del regime, testimonia che l’uomo può essere in ogni momento protagonista della storia e della società. Basta non censurare e vivere sempre all’altezza del desiderio di bellezza, giustizia, libertà che costituisco il cuore di ciascuno. Havel lo ha fatto e credo sia questo l’insegnamento più grande che oggi ci lascia.
Ne parlo all’inizio del mio libro “La prima politica è vivere” a p 9; desidero condividerlo con voi:
Università cattolica del Sacro cuore di Milano, aula San Tommaso, fine degli anni Settanta. L’aula è stracolma di giovani studenti che ascoltano due loro colleghi mentre spiegano, anche con schemi dettagliati, un libro di un intellettuale dissidente, allora sconosciuto ai più. il titolo è assolutamente affascinante: Il potere dei senza potere. L’autore è václav Havel, che scrive nella cecoslovacchia domi-
nata dal regime comunista. anni dopo, ma nessuno allora può saperlo, con il crollo del muro di Berlino e del comunismo, Havel sarebbe diventato l’ultimo presidente della cecoslovacchia e il primo della repubblica ceca. Ma in quegli anni è solo uno scrittore «scomodo».
il protagonista delle sue pagine è un fruttivendolo che una mattina, senza motivo apparente, decide di non esporre più in vetrina il cartello con scritto «proletari di tutto il mondo unitevi» che fino ad allora aveva fatto la sua regolare comparsa tra frutta e verdura, segno evi-dente della propaganda imposta dal regime. il gesto è di per sé insignificante. Si può pensare, infatti, che chi va
da un fruttivendolo difficilmente sia portato a notare la presenza o l’assenza di un cartello di quel tipo. eppure, dopo questa decisione il regime sceglie di punire il frut-tivendolo. perché? perché il potere dovrebbe temere un gesto così banale?
il fruttivendolo ha deciso di essere protagonista della pro-pria vita facendo un gesto di verità che getta luce su tutta la realtà circostante, anche perché, spiega Havel, la vita nella verità «non ha solo una dimensione esistenziale (restituisce l’uomo a se stesso), noetica (rivela la realtà com’è) e mora-le (è un esempio); ma ha anche una evidente dimensione politica». La prima politica, insomma, è vivere.
in quell’aula c’ero anch’io, giovane studente universitario di scienze politiche affascinato dall’incontro con don Gius-sani e con i tanti amici di comunione e Liberazione. ero lì perché avevo scoperto che la risposta alla domanda di sen-so e significato propria di ogni uomo non è un’idea, né un comportamento o un insieme di regole da seguire; è inve-ce un avvenimento, un fatto che ti cambia la vita. La pecu-liarità e la grandezza del cristianesimo consistono proprio in questo: il significato della vita si rende fatto, persona.